Alla fine anch'io riflettevo sull'argomento "stati generali del fumetto", sarà che non so resistere al richiamo delle mode.
Queste sono un po' di riflessioni sull'argomento che ho buttato giù su Kinart. Ho tagliato le prime due righe che facevano riferimento ad un altro post e non erano interessanti.
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Da quando si è diffusa la notizia dell'incontro degli autori in quel di Lucca le reazioni sono state piuttosto omogenee:
- da una parte un certo numero di autori si lamenta e chiede pagamenti decenti
- dall'altra parte un certo numero di piccoli editori si lamenta delle critiche a loro rivolte e dice di star conducendo il proprio lavoro in maniera più o meno ineccepibile.
Credo che, in fin dei conti, la diatriba 'autori vs piccoli editori' lasci davvero il tempo che trovi, il problema non è il tipo di trattamento offerto dai piccoli, quanto piuttosto il fatto che sia diventato quasi impossibile, in Italia, rivolgersi ad un editore che non sia un piccolo.
Dal mio punto di vista, da autore, gran parte del mondo fumettistico italiano lo vedo come rovine fumanti regolarmente bombardate da canadair colmi di merda. La situazione è tragica, sempre meno lettori, bassissime tirature, pagamenti indecenti o inesistenti. I piccoli editori costituiscono ormai la maggior parte di questo panorama ma, a sentire chi di loro si pronuncia sulla questione, non si riconoscono alcuna responsabilità per la situazione attuale. Va be', diciamo che non è importante capire e distribuire le colpe, o almeno non è centrale per il mio discorso; diciamo che è tutta colpa del mercato, della crisi, di una maledizione vudù, di un complotto dei servizi segreti americani volto a indebolire lo scacchiere mediterraneo del fumetto, onde favorire la penetrazione del comic d'oltreoceano. Ha poca importanza, prendiamo come dato di fatto che:
- la maggior parte degli editori italiani non è in grado di corrispondere una cifra onesta ai propri autori e nemmeno di diffondere degnamente il loro lavoro.
Prendiamo il caso di un giovane autore intenzionato a far diventare la propria passione nello sceneggiare o nel disegnare un lavoro in ambito fumettistico, vuole che la sua arte sia riconosciuta, apprezzata, giustamente retribuita e valorizzata (e a lui è rivolto questo mio intervento, tutti quelli che fanno fumetto giusto per avere un albo da mostrare a mamma o per andare per forum a dire "sono un autore" possono tornare a Farmville, che poi non so cosa cazzo sia). Farà le sue prime esperienze come tutti, presso la KittysinKula Comics, piccolo editore, pagato poco o niente, ma in fin dei conti vive ancora con mamma e papà e se lo può permettere. Farà un albo, due, poi probabilmente arriverà quella cosa chiamata vita a dirgli che dovrebbe fare un salto di qualità, dovrebbe cominciare a guadagnare cifre perlomeno decenti, collaborare con un editore migliore. Ecco, oggi in Italia quasi nessuno può soddisfare queste sue basilari, legittime (se ci sono le capacità, ovvio) aspirazioni. In Italia adesso, in campo fumettistico, rimangono pochissimi editori in grado di pagare un autore quanto merita: Bonelli, Astorina, Edizioni Paoline e poco altro (non me ne voglia chi ho dimenticato) perfino Disney sta attraversando un periodo atroce, ha mandato a casa molti collaboratori e le paghe si sono ridimensionate, insomma, quella porta per il momento è chiusa (il fatto che Disney, da molti, venga ancora indicato come un datore di lavoro al momento papabile mi mette una certa inquietudine e mi fa domandare la reale conoscenza della situazione da parte di queste persone). È ovvio che questi pochi nomi non possono assorbire l'enorme offerta di autori, o aspiranti tali, che il nostro paese produce. Così come è ovvio che non tutti i futuri fumettisti italiani hanno uno stile adatto a questi editori, basta guardare questo forum per rendersi conto che la maggior parte degli aspiranti fumettisto italiani ha ben altre aspirazioni. Quindi, questi autori che fanno? Mica possono continuare anni e anni a lavorare per quella grossa parte dell'editoria che paga dieci euro (sono ottimista) a tavola, dovranno pur campare; nella realtà che conosco io se uno a, che so, 25 anni ancora non riesce a racimolare un salario perlomeno pari al minimo sindacale di un bracciante agricolo rischia di fare un'esistenza veramente problematica.
Un consiglio dato di tutto cuore: andatevene. Lo so, è triste, tutti vorremmo che qui in Italia le cose fossero diverse (oddio, tutti tutti no, forse a qualcuno sta bene così) ma bisogna fare i conti con la realtà prima o poi. Esempio: pensate che gli Stati Uniti siano il vostro mercato di riferimento? Prendete contatto con qualche piccolo editore americano, fatela lì 'sta benedetta gavetta. Se riuscirete a crescere come autori un giorno avrete del materiale già edito, con tutti i crismi della pubblicazione d'oltreoceano da mostrare alle grandi americane, e sperare così di entrare nelle loro fila. Nel frattempo vi sarete già confrontati con la mentalità e i ritmi del mercato locale e, se siete stati fortunati, magari avrete racimolato qualche soldo in più di quanto avreste fatto a casa vostra. Pensate di essere già pronti per le grandi? Bussate subito alla loro porta, non domani, adesso. Idem per la Francia, lì piccoli editori come Carabas o Claire De Lune (i primi due che mi vengono in mente) pagano almeno 100€ per una tavola in b/n e basta dare un occhio al loro catalogo per capire che non è richiesta una qualità stratosferica. Certo, mica è il paradiso, anche lì rischiate di incontrare cialtroni, editori improvvisati, è la vita; ma se lì è un rischio, qui è quasi una certezza, e inoltre lì c'è la possibilità, se ci si sa fare, di costruirsi una carriera di tutto rispetto.
Sono convinto che lavorare unicamente in questo piccolo mondo dell'editoria italiana alla lunga non aiuti a crescere, ed è un discorso che va ben aldilà dei pessimi pagamenti o del fatto di venir seguiti da sedicenti editor di dubbie capacità. Innanzitutto questo sistema non premia la qualità, c'è un fattore nella selezione degli autori che pesa più di altro: la disponibilità a lavorare per condizioni miserevoli. Questo fa sì che gli artisti più dotati, o più sicuri del fatto proprio, semplicemente se ne vadano là dove le condizioni di lavoro sono migliori. Anche se trovate in maniera continuativa "lavoro" per micro-editori italiani non è detto che così sia perché siete abbastanza bravi, quanto piuttosto perché siete abbastanza disperati. Così è difficile poter misurare le proprie chance di poter, un giorno, fare il fumettista di mestiere. Spesso un piccolo editore italiano può assicurarvi una tiratura del vostro albo in cinquecento/mille copie; da un punto di vista editoriale mille copie sono una goccia nel mare, un nulla. Anche vendendole tutte non avreste mai la certezza che il vostro lavoro sia veramente apprezzato dal pubblico, che il vostro stile possa permettervi tirature e vendite maggiori, e anche se avete questo dubbio, non sarà certo qui che ne avrete conferma.
Ovviamente la mia è solo un'opinione avvalorata dalla mia storia personale. Conosco diverse persone che continuano a rimbalzare da un piccolo editore italiano ad un altro, nel mezzo ci ho visto di tutto, ovviamente i più fortunati sono quelli con una situazione familiare molto solida alle spalle, alcuni vivono miseramente, ai limiti dell'indigenza, incapaci di costruirsi una vita, farsi una pensione, tirar su dei figli, altri continuano a vivere in questo stato perché, sfiduciati dei propri mezzi, non provano nemmeno a fare quel salto di qualità, altri ancora quel salto, è evidente, non lo faranno mai, ma continuare a pubblicare per la KittysinKula Comics fa loro sperare che un giorno... Alcuni a trent'anni suonati ancora vivono coi genitori perché altrimenti non avrebbero di che camparsi, nonostante lavorino da anni come fumettisti in Italia, altri provano a farsi una vita, ma dopo poco sono costretti a tornare da mammà perché non sanno come pagare l'affitto. Tutto ciò è molto triste.
Mancano ancora mesi agli "stati generali" del fumetto italiano, gli editori ci dicono che colpe non ne hanno, Gianfranco Goria, direttore del sindacato ci fa sapere (dal blog di Luca Boschi) che se gli autori hanno dei problemi non è certo colpa del sindacato; i fumettisti, dal canto loro, in linea di massima non sembrano ammettere che aver accettato, per anni e anni, di lavorare per paghe miserevoli abbia contribuito alla creazione di questo panorama. Non sappiamo ancora con certezza di cosa si parlerà alla riunione di Lucca ma una cosa mi sembra già chiara, il minimo comune multiplo del confronto sarà la rimozione dell'assunzione di responsabilità. Con buona pace di un'antica usanza italiana.
27.8.10
Sarà una bella società sì, ma a responsabilità limitata
alle 3:11 PM Ivi posto da Fabio Lai
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2 commenti:
potrei dire la mia anche se scopro di questa discussione solo oggi
ma sono pigro
e non me frega alcunchè dei piccoli "editori", dei "fumettisti" a titolo gratuito, e dei fumetti italioti, come fossero poi notizie nuove
quindi semplicemente quoto il Lai.
+1 per il Lai ;)
+2
samurale
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